Nuovi neuroni a neurotensina per il controllo alimentare

 

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIX – 05 novembre 2022.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La regolazione del comportamento alimentare in rapporto ai bisogni energetici dell’organismo, che la neurofisiologia classica focalizzava sull’antagonismo di due aree ipotalamiche e sull’omeostasi del glucosio, si è rivelata una funzione complessa e articolata, garantita dall’integrazione e dall’equilibrio di numerosi e diversi ruoli fisiologici. Dopo l’epoca classica, in cui si studiavano gli effetti anoressigeni di lesioni dei nuclei laterale e perifornicale dell’ipotalamo e oressizzanti delle lesioni del nucleo ventromediale, con esito, rispettivamente, in cachessia e obesità, è emersa una realtà costituita da reti neuroniche in rapporto con sistemi di regolazione periferici.

Gli eleganti esperimenti realizzati mediante parabiosi, chiarirono i ruoli di due geni nel topo: ob (obesità) e db (diabete), aprendo la via a una prima importante distinzione per comprendere l’architettura fisiologica della regolazione energetica dell’organismo: equilibrio energetico a lungo termine e bilancio energetico attuale.

Leptina e insulina contribuiscono all’equilibrio energetico a lungo termine, mentre grelina e colecistochinina, rilasciate da stomaco e intestino, segnalano lo stato vuoto dello stomaco e pieno dell’intestino, contribuendo all’equilibrio energetico a breve termine. I segnali a lungo e a breve termine interagiscono per controllare il comportamento alimentare dell’animale.

Nel corso degli anni abbiamo seguito sempre con attenzione la ricerca in questo campo e nelle nostre “Note e Notizie” si trovano numerosissimi articoli di recensione e di aggiornamento che hanno presentato man mano gli approdi della ricerca. A questo ambito sperimentale forniscono contributi sia gruppi di ricerca con puri obiettivi di neurobiologia cellulare e molecolare, sia scuole scientifiche impegnate nello studio dell’origine dell’obesità. Questa condizione patomorfologica, associata a varie patologie ad alto rischio quoad vitam, è multi-determinata e, a parte un certo numero di sindromi genetiche, malattie rare e malattie metaboliche indagate da molto tempo, i meccanismi che inducono l’assunzione di alimenti in eccesso e la riduzione di attività motoria non sono ancora definiti con precisione.

Il controllo fisiologico della funzione alimentare è oggi descritto secondo due paradigmi principali, che corrispondono alla regolazione a lungo termine e a breve termine dell’equilibrio energetico, la prima riportata principalmente alle funzioni di leptina e insulina, la seconda a quelle di colecistochinina e grelina. Ma ormai da tempo è nota l’importanza dell’interazione tra questi due livelli di regolazione, così come l’esistenza di veri e propri sistemi legati alla mediazione molecolare da parte di peptidi quali NPY (o Y), AgRP e α-MSH, di processi noti nel profilo fisiologico generale. Da un punto di vista evoluzionistico, l’importanza della funzione alimentare legata al bisogno primario espresso dalla fame giustifica ampiamente una base costituita da processi multipli interrelati in modo complesso al fine di garantire la sopravvivenza nelle più disparate condizioni, ma questa complessità costituisce una sfida estremamente impegnativa per la ricerca. Ad esempio, rimane ancora poco definito il rapporto tra processi noti dell’equilibrio energetico e meccanismi che promuovono il comportamento di assunzione del cibo, attivando la motivazione e gli schemi di esecutività motoria che consentono di trovare e assumere alimenti. Primi risultati sono venuti dal filone di ricerca sulle sostanze psicotrope che indaga le basi della motivazione e del sistema a ricompensa, ma è evidente che mancano ancora troppe tessere al mosaico necessario a chiarire l’architettura funzionale di questi rapporti.

Un nuovo studio, condotto da Alessandro Furlan, Alberto Corona, Sara Boyle e colleghi coordinati da Bo Li, seguendo evidenze emerse dalla ricerca recente, ha indagato nel ratto una popolazione neuronica cerebrale che sembra influenzare in modo determinante l’assunzione di alimenti che favoriscono lo sviluppo di obesità.

(Furlan A. et al., Neurotensin neurons in the extended amygdala control dietary choice and energy homeostasis. Nature Neuroscience – Epub ahead of print doi: 10.1038/s41593-022-01178-3, 2022).

La provenienza degli autori è la seguente: Cold Spring Harbor Laboratory, Cold Spring Harbor, NY (USA); Department of Neuroscience, Karolinska Institutet, Stockholm (Svezia); School of Biological Sciences, Cold Spring Harbor Laboratory, Cold Spring Harbor, NY (USA); Ruprecht Karls University Heidelberg, Heidelberg (Germania); Northwell Health Cancer Institute, Northwell Health, New Hyde Park, New York (USA).

Come abbiamo fatto in passato (Note e Notizie 26-11-16 Scoperto un circuito rapido della sazietà regolato da α-MSH), per dare un’idea al lettore non specialista delle conoscenze attuali sulla regolazione dell’equilibrio energetico in rapporto all’alimentazione, riportiamo una sintesi proposta in occasione della scoperta di un circuito ad azione rapida della sazietà regolato dal peptide αMSH, rinviando per questa acquisizione al testo integrale della nostra recensione:

… gli esperimenti di parabiosi hanno consentito di stabilire che il controllo del cervello sullo stato del tessuto adiposo avviene grazie ad un segnale umorale, poi identificato in una specifica molecola. In pratica, venivano uniti i sistemi circolatori di coppie di topi, l’uno portatore nel gene chiamato obesity (ob) di una mutazione omozigotica recessiva che causa obesità patologica ed ipotermia, l’altro normale. Il collegamento chirurgico parabiotico normalizzava il peso corporeo e la temperatura del topo mutante. Si comprese che il topo mutante mancava di un segnale proveniente dai depositi di grasso che produce un controllo a feedback sulla quantità di cibo da assumere ed un controllo a feed-forward sul dispendio energetico.

Anche i topi con una mutazione omozigotica del gene del diabete (db) sono obesi. In questo caso, l’esperimento parabiotico di collegamento con un topo sano, non solo non riusciva a correggere i difetti patologici del membro ammalato della coppia parabiotica, ma causava emaciazione e morte del povero topolino sano. A differenza del topo ob/ob, il roditore db/db produce il segnale circolante, ma manca di un recettore funzionale. Si comprese che tale segnale è elevato nel topo obeso db/db, al punto da causare una riduzione di assunzione di cibo ed un aumento del dispendio energetico tale da risultare fatale al povero compagno parabiotico[1].

Circa 25 anni dopo i primi studi di parabiosi, il segnale circolante, il recettore mutato e i loro geni furono identificati. Jeffrey Friedman e colleghi isolarono un ormone peptidico cui fu dato il nome di leptina (dal greco leptos che vuol dire snello, sottile) per il suo ruolo nell’accrescere il consumo di energia e ridurre l’assunzione di alimenti. La molecola, prodotta prevalentemente dagli adipociti in quantità direttamente proporzionali al grasso immagazzinato, agisce attraverso il legame a recettori della superfamiglia delle citochine alla periferia e nel cervello, dove giunge grazie al trasporto attraverso la barriera emato-encefalica. In condizioni fisiologiche, nelle persone con un peso nella norma, la leptina contribuisce alla riduzione dell’assunzione di cibo e all’aumento del consumo energetico, della lipolisi e della termogenesi. Nella maggior parte delle persone obese si rilevano alti tassi di leptina, come se il loro organismo fosse diventato insensibile o resistente all’azione del suo segnale. Esiste una rara condizione clinica dovuta ad una mutazione del gene ob che causa una vera e propria mancanza di leptina: tali persone, affette da obesità patologica con ipotermia, possono essere curate efficacemente con la somministrazione di leptina che progressivamente riduce il peso corporeo e normalizza la temperatura.

L’insulina, prodotta dalle cellule β delle isole di Langerhans del pancreas, presenta una correlazione positiva con la massa grassa e, come la leptina, riduce l’assunzione di alimenti e accresce la termogenesi. È stato osservato, provato sperimentalmente e confermato che, durante il digiuno, i livelli di leptina e insulina si riducono prima che si abbia la riduzione del grasso dei depositi, in tal modo le scorte adipose sono rapidamente reintegrate quando si riprende a mangiare.

La leptina e l’insulina circolanti si legano nel cervello ai recettori delle due popolazioni neuroniche prima menzionate che, come già ricordato, hanno sede nella formazione grigia dell’ipotalamo mediale che prende il nome di nucleo arcuato. Le due popolazioni rispondono in maniera opposta ai due ormoni peptidici ed hanno influenze opposte sull’equilibrio energetico.

L’antagonismo fra segnali anabolici e catabolici provenienti dal nucleo arcuato dell’ipotalamo è illustrato dall’azione del peptide AgRP che è fisiologicamente un antagonista endogeno dei recettori della melanocortina MC3 e MC4. L’agonista naturale di questi recettori è l’α-MSH secreto dagli specifici neuroni del nucleo arcuato quando l’organismo è in stato catabolico. L’AgRP blocca l’effetto dell’ormone di ridurre l’assunzione di alimenti, aumentare il dispendio energetico e ridurre l’immagazzinamento di grasso. L’iniezione del neuropeptide Y nell’ipotalamo innesca l’attività alimentare, promuove la lipogenesi e riduce il comportamento che consuma energia. Così, il rilascio di entrambi gli ormoni peptidici produce un feedback anabolico, effetti di feed-forward che favoriscono l’aumento di peso, mentre sopprimono la segnalazione nella via catabolica antagonistica. Proiezioni di neuroni del nucleo arcuato alle regioni paraventricolari e laterali dell’ipotalamo trasmettono la segnalazione veicolata da leptina e insulina circolanti[2][3].

Ritorniamo al ruolo dei neuroni della cosiddetta “amigdala estesa” che esprimono neurotensina, identificati da Alessandro Furlan e colleghi sulla base di studi precedenti. L’interesse per queste cellule è massimo tra coloro che studiano i meccanismi responsabili dell’obesità da eccesso alimentare, perché la peculiarità della loro attivazione sembra indicarle come la base cellulare che lega la preferenza per i cibi ipercalorici all’attivazione del comportamento di assunzione, potenzialmente compulsivo.

I neuroni esprimenti neurotensina del nucleo interstiziale del braccio posteriore della commessura anteriore (IPAC), un nucleo dell’amigdala centrale estesa, codificano preferenze dietetiche per cibi non salutari densi di energia. L’attivazione optogenetica dei neuroni IPACNts promuove comportamenti obesogeni, come l’alimentarsi in base al piacere prodotto dal gusto degli alimenti (edonic eating), e modula le preferenze alimentari. Per converso, l’inibizione acuta dei neuroni IPACNts riduce l’alimentazione e decresce il mangiare per piacere.

L’inattivazione cronica dei neuroni IPACNts ricapitola questi effetti e riduce la preferenza per il dolce, accrescendo la locomozione e il consumo energetico; come risultato, i topi presentano perdita di peso a lungo termine e miglioramento della salute metabolica, oltre a evidenziare di essere protetti dall’obesità.

Dunque, secondo quanto emerso da questa sperimentazione, l’attività di una singola popolazione neuronica sembra regolare in entrambe le direzioni l’omeostasi energetica. Se questi risultati saranno confermati, potranno, come sostengono gli autori dello studio, costituire un punto di partenza per l’elaborazione di nuove strategie di prevenzione e trattamento dell’obesità.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanni Rossi

BM&L-05 novembre 2022

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] Per inciso, gli autori della nota prendono le distanze dall’etica di questi esperimenti che si sono rivelati crudeli per gli animali di laboratorio. Più in generale, la maggioranza dei membri della nostra società scientifica auspica l’estensione degli studi su sistemi cellulari e molecolari in vitro, restringendo la sperimentazione in vivo ai casi di assoluta insostituibilità, in condizioni che non risultino crudelmente dannose o letali per l’animale.

[2] Cfr. Shizgal P. B. & Hyman S. E. Homeostasis, Motivation and Addictive States, pp. 1095-1115, in Principles of Neural Sciences (Kandel, Schwartz, Jessel, Siegelbaum, Hudspeth) fifth edition, McGraw-Hill, 2013.

[3] Note e Notizie 26-11-16 Scoperto un circuito rapido della sazietà regolato da αMSH. Vedi anche Note e Notizie 07-05-22 Anoressia per uno shift nella interazione tra neuroni a serotonina e a dopamina.